La polisemia delle parole: un possibile problema per la traduzione

In ogni lingua ci sono parole polisemiche, ovvero parole che presentano significati diversi. Ciascuno di questi significati vengono determinati dal contesto. Per esempio, nelle frasi “Ho trovato per terra una penna di un piccione.” e “Aspetta che prendo carta e penna per scrivere.” la parola “penna” assume in ciascun caso dei significati completamente diversi. Quando si traduce in un’altra lingua, quasi sempre non c’è un equivalente polisemico, bensì una parola per la penna del piccione e un’altra parola per la penna da scrivere.

Fin qui sembra tutto piuttosto semplice. Quando entra però in gioco il codice visivo, le cose si complicano. Come ho già spiegato in altri miei articoli, il codice visivo, che sia in un’immagine o in un video, crea un tale vincolo con le parole per cui il traduttore non può avere molte alternative. Vediamo come esempio la seguente vignetta di Mark Tatulli.

La traduzione della nota che sorge spontanea sarebbe: “Lio, per favore porta fuori la spazzatura. Papà”. Ma non è la traduzione più adeguata perché poi vediamo Lio che spegne il fuoco della spazzatura in fiamme e non capiamo il nesso. E se vi svelassi che il verbo “to put out” significa anche “spegnere il fuoco”? Allora si spiega l’illustrazione finale: il bambino capisce che deve spegnere un fuoco, quindi dà fuoco all’immondizia e poi cerca di spegnere le fiamme. Pertanto al piccolo Lio è venuto in mente solo uno dei due significati di quel verbo.

Allora, come possiamo tradurre adeguatamente la nota del papà? Senz’altro in casi come questo il traduttore deve ingegnarsi per trovare una soluzione, dovendosi per forza allontanare almeno un po’ dall’originale. Io propongo la seguente traduzione: “Lio, per favore sbarazzati della spazzatura. Papà”. Qui il verbo “sbarazzarsi” implica il portar fuori la spazzatura, ma anche e soprattutto il fatto di eliminarla, di farla sparire. Così si spiega il comportamento conseguente del bambino: appicca il fuoco alla spazzatura per liberarsene. Come vi sembra questa soluzione? Ve ne viene in mente una migliore? Scrivetela nei commenti!

Quando si gioca sul doppio significato delle parole, il lavoro del traduttore si complica

Ehi, tesoro!
Adoro il nuovo tostapane!

Eccomi con una nuova vignetta, stavolta dell’autore americano Dave Blazek. Sì, lo so, sono fissata con le vignette, ma è pur vero che sebbene sembrino semplici, quando arriva il momento di tradurle, ci troviamo di fronte a una sfida non indifferente.

Come ho già detto in un’altra occasione, il vincolo con l’immagine può costituire un ostacolo per la traduzione. Così, in questo caso, i lettori che non sanno l’inglese non capiscono perché ci siano quei due bicchieri da aperitivo. “Toaster” è il tostapane e il verbo “to toast” vuol dire “tostare”, “abbrustolire”, ma anche “brindare”, “fare un brindisi”. Quindi l’autore ha giocato sul doppio significato del verbo disegnando quei due bicchierini.

Sfortunatamente in italiano questo verbo non ha l’accezione del brindisi, quindi la battuta non può funzionare. Si potrebbe aggiungere una nota illustrando il secondo significato del verbo, ma se vogliamo un effetto immediato della battuta, soprattutto se si tratta di sottotitoli, quando l’immagine nel video è in movimento e ci sono dei limiti spazio-temporali, allora ci troviamo in difficoltà.

Concludo con una possibile traduzione che include entrambi i significati del verbo: “Ehi, tesoro! Vieni a brindare al nuovo tostapane, lo adoro!”. In questo modo si spiega la presenza dei bicchierini e il motivo del brindisi.

Quando ci sono differenze tra le festività di vari Paesi…

Ecco qui un’altra vignetta dell’autore greco Arkàs. Stavolta, però, la traduzione è pressoché impossibile poiché certe festività, sebbene siano simili, non hanno lo stesso nome in tutte le lingue.

Iniziamo a provare a tradurre, almeno letteralmente, per capire meglio gli ostacoli ai quali ci troviamo di fronte…

“Buongiorno.”

Febbraio dice al Lunedì (Arkàs ha creato tutta una serie di vignette con protagonisti i mesi e i giorni):

“Sei ancora qui tu? Dovresti essere andata al lavoro!”

Già qui vediamo che non c’è una corrispondenza con l’immagine. In italiano i giorni sono sostantivi maschili, mentre in greco sono femminili ed è per questo che Arkàs li disegna sotto forma di ragazze. Comunque si potrebbe considerare il lunedì come una giornata lavorativa, mantenendo così il riferimento femminile.

Ma andiamo avanti…

Lunedì risponde: “Ma non devo lavarmi?”.

E Febbraio replica: “Non ce n’è bisogno!… Il lunedì pulito è a marzo!”.

Confusi? È normale, tranquilli. Qui entra in gioco la festività che indica l’inizio della Quaresima, che in greco è Καθαρή Δευτέρα (/katharì deftèra/, letteralmente “lunedì pulito”). Questa festività ha qualche affinità con l’italiano Mercoledì delle Ceneri, con lo spagnolo Miércoles de Ceniza e con l’inglese Ash Wednesday. Tuttavia, Καθαρή Δευτέρα è caratteristica solo del mondo ortodosso ed è una vera e propria festa. Infatti, mentre in tutto il mondo cattolico e in quello protestante il primo giorno di Quaresima è un giorno di penitenza, in Grecia è una festa che va oltre il significato religioso: si lanciano aquiloni e si gusta un pranzo ricco di specialità culinarie, soprattutto di molluschi e crostacei.

Dunque, considerando la traduzione letterale, nella vignetta il Lunedì dev’essere pulito e in ordine prima di andare al lavoro. Ma non c’è una traduzione valida soprattutto perché nelle altre lingue non c’è l’accezione di pulito, quindi la battuta non sta in piedi. Inoltre, come se non bastasse, le date della Quaresima, e quindi della Pasqua, spesso non corrispondono perché vengono calcolate in modo diverso (anche se, di solito, coincidono ogni quattro anni). Quindi, anche per questa differenza di tempistica, la vignetta risulta fuori luogo.

Per concludere, quando un traduttore si imbatte in una difficoltà del genere, non gli resta che costellare la traduzione di note e riferimenti, oppure può stravolgere il testo, cancellando ogni riferimento alla festività. Così può dare libero sfogo alla fantasia e inventarsi da capo il dialogo. Lascio a voi la scelta di una possibile traduzione.

Sottotitolazione interlinguistica: questione di accuratezza e corrispondenza linguistica

Quando si traducono sottotitoli, non si traduce solo un testo, ma dev’esserci una corrispondenza anche con l’immagine e con l’audio originale. In altre parole, i sottotitoli devono durare quanto dura il dialogo. Per agevolare la lettura, al massimo si può estendere la loro durata circa mezzo secondo in più subito dopo la battuta.

Inoltre, soprattutto quando lo spettatore è familiare con la lingua dell’audio e con quella dei sottotitoli, si dev’essere fedeli al testo originale. Infatti, se i sottotitoli servono come supporto per capire meglio i dialoghi originali, a maggior ragione devono rispettare rigorosamente tale fedeltà.

Per esempio, si pensi al caso in cui lo spettatore sceglie di vedere un film sottotitolato, non doppiato, per imparare la lingua in cui è stato girato il film (in gergo, questa nuova lingua viene chiamata L2, in contrapposizione con la L1, ovvero la lingua madre). Questo è un caso molto frequente e per questo i sottotitoli non possono allontanarsi molto dai dialoghi originali.

Alla luce di queste riflessioni, mi è capitato di imbattermi in questa clip su YouTube. È una breve scena del film “Now is good” con l’audio originale in inglese e i sottotitoli in spagnolo. Peccato però che questi ultimi presentino degli errori. Vediamoli insieme.

Il primo sottotitolo (“Tessa.”) entra in anticipo. Ciò può avvenire quando c’è un cambio scena, ma non è il nostro caso. Questo difetto del sottotitolo stona molto con ciò che succede nel video e confonde lo spettatore. Pertanto attenzione alla sincronizzazione: i sottotitoli devono coincidere con il parlato.

Poi i protagonisti dicono:
– What’s the worst thing that can happen?
– It’ll hurt.
– It already hurts.

I relativi sottotitoli in spagnolo sono:
– ¿Qué es lo peor que podría pasar?
– No lo sé.
– Estoy lista.

Per maggior chiarezza, di seguito traduco i dialoghi inglesi:
– Cosa potrebbe succedere di peggio?
– Farà male.
– Fa già male.

E i sottotitoli spagnoli:
– Cosa potrebbe succedere di peggio?
– Non lo so.
– Sono pronta.

Come si può facilmente notare, i sottotitoli non rispettano quello che viene detto nel dialogo originale. Certo, sono coerenti con la domanda iniziale, ma purtroppo non sono fedeli al dialogo e, come ho spiegato sopra, questo potrebbe costituire un problema e creare confusione allo spettatore. Infatti, la prima volta che ho visto la clip, anch’io sono rimasta disorientata: conoscendo bene sia l’inglese che lo spagnolo, questa mancata corrispondenza linguistica mi ha spiazzato.

In conclusione, quando si sottotitola, si deve tenere presente che i fruitori finali potrebbero conoscere anche la lingua originale dell’audio. Quindi, per chiudere questo articolo, voglio lanciare a tutti i sottotitolatori il seguente slogan: massima fedeltà, rigorosa accuratezza!

Una parola, più significati

– La mia vita è un inferno.
Non cambia mai niente.

– Beh, una volta questo pesco
era in una fossa.

– Lo era?

– Sì! Ha avuto solo bisogno
del tempo per crescere.

Questa vignetta di Guy Kopsombut offre uno spunto di riflessione interessante. Quando nella lingua di partenza c’è una parola con un doppio significato, è molto difficile che anche in un’altra lingua ci sia una parola con lo stesso doppio significato.

Nel caso specifico, il significato principale della parola “pit” è “buca” o “fossa”. Tuttavia, questa parola si usa anche nell’espressione colloquiale “it’s the pits”, che si traduce con “è un inferno” poiché allude a una situazione spiacevole o addirittura intollerabile. Questi, infatti, sono i traducenti che ho scelto. Peccato però che nella lingua di arrivo si perda la derivazione dei significati dalla stessa parola. Di conseguenza, nella versione tradotta manca quel collegamento semantico nel dialogo grazie all’uso della stessa parola. Dunque in casi come questo il traduttore è obbligato a rendere i significati originali, sebbene non riesca a dimostrare che è la stessa parola che funge da collegamento con il senso dell’intera vignetta.

La traduzione tra significati nascosti e la ricerca di equivalenti

– Caro, indovina
la sorpresa
che ti ha portato
la bambina
dalle vacanze.
– Mmm…
Dei bomboloni ripieni?

Questa è la seconda volta che utilizzo una vignetta dell’argentino Fernando Rocchia per il mio blog. Stavolta illustrerò non solo altre due specificità dello spagnolo latinoamericano, ma anche come si può tradurre un prodotto culinario.

In primo luogo, concentriamoci sulla parola “viejo“, che letteralmente significa “vecchio”. Ne avevo già parlato in un mio precedente articolo dove dissi che può significare “amico”, ma qui è l’occasione per aggiungerne un altro significato. In effetti, può essere usato per richiamare l’attenzione di qualcuno: nella vignetta, la donna lo usa per rivolgersi al marito. Quindi, dal momento che i protagonisti sono due coniugi, ho scelto di tradurlo con “caro”. Morale della favola: prestate sempre molta attenzione alla traduzione delle parole, poiché può essere fuorviante, non solo a seconda del contesto, ma anche del Paese in cui ci si trova.

In secondo luogo, “nena” è un termine, diciamo quasi universale nel mondo ispanofono, per riferirsi in maniera affettuosa e colloquiale a una persona giovane e cara. Per questo l’ho tradotto con “bambina”, termine che gli italiani usano per parlare di una famigliare, sia essa una figlia o una nipote (anche quando questa è già adulta).

Ultimo aspetto, ma non per questo meno importante, è costituito dagli alfajores. Questi sono dolcetti composti da due biscotti uniti da un ripieno dolce (in genere dulce de leche, una crema dolce a base di latte e zucchero). Siccome sono tipici del Sudamerica, risulta difficile tradurli in un’altra lingua. Tuttavia, in Italia ci sono i bomboloni o i bignè alla crema, che sono molto simili agli alfajores, se non come sapore, almeno per la caratteristica di essere dolcetti ripieni di crema. Prima di scegliere come tradurre questa parola, bisogna inoltre tenere in considerazione l’immagine della figlia in dolce attesa. Ovviamente il papà non ha ancora visto che è tornata incinta, ma è chiaro che gli alfajores alludono alle rotondità della figlia e alla protuberanza della sua pancia. Di conseguenza, ritengo che i bomboloni ripieni siano un ottimo equivalente per veicolare queste caratteristiche della donna incinta.

“Boned Appetit”: una sfida traduttiva

(Chiuso provvisoriamente)

Senza nessun sgravio da parte
dei governi locali o federali,
dobbiamo restare aperti
ed esporre i nostri dipendenti
al pericolo.

Ma nessun problema!
Dovremo solo mangiare all’aperto.

Mmm, inizia a fare freddo.
Forse possiamo mettere
dei paraventi.

Brr!
Servirebbe anche un tetto.

Perfetto! Adoro mangiare
in sicurezza all’aperto.

(l’originale è qui)

Questa vignetta dell’americano Matt Lubchansky riflette le difficoltà dei ristoratori a tenere aperti i loro locali durante la pandemia. Ho già proposto la mia versione tradotta, ma stavolta la difficoltà traduttiva sta nel titolo…

“Boned Appetit”. Il titolo allude chiaramente al francese “bon appétit”, cioè “buon appetito”, anche perché dalle illustrazioni si capisce che il protagonista è il proprietario di un ristorante francese (Chez Foode). Comunque l’autore ha voluto giocare con le parole “bon”, ovvero “buono”, e “boned”, cioè “disossato”. Considerando il contesto, però, il ristoratore dev’essere flessibile e adattarsi alle restrizioni, cercando di trovare quindi delle soluzioni per mandare avanti il locale. Di conseguenza, “boned” implica anche il significato di flessibilità, del potersi adattare a nuove condizioni.

Ma come si potrebbe tradurre questo titolo in italiano? Purtroppo non è possibile mantenere lo stesso gioco di parole tra “bon” e “boned”. Quindi, basandoci sul significato implicito di “boned”, si potrebbe optare per “Mangiare con flessibilità” oppure “Appetito flessibile”. Così si mantiene il riferimento al cibo e si sottolinea il fatto che disossarsi permette a un corpo di essere flessibile. Come sempre però, si perde qualcosa nella traduzione (in questo caso la frase che richiama il francese). Comunque il traduttore deve sempre decidere quali sono le informazioni più importanti da trasmettere. Nell’esempio in questione, credo che la nozione dell’essere flessibili sia più rilevante della nota francese nel nome del ristorante.

Indovinelli I

Ci sono vari indovinelli che circolano su Internet ultimamente. Qui vorrei proporre delle versioni tradotte in spagnolo e in inglese partendo dall’italiano, anche se possono essere diverse da quelle trovate in Rete. Ho deciso di pubblicarli anche qui non solo per intrattenervi, ma perché in alcuni casi la loro risposta non è uguale in tutte le lingue…

Ecco il primo…

Una donna incinta si sveglia ed esce dalla sua stanza.

Va al frigo e apre una scatola di tonno, una soda, uno yogurt e un biscotto.

Cosa ha aperto per primo?

Risposta: Gli occhi.