Il mestiere della sottotitolazione: esempi

Rieccomi! Dopo parecchio tempo di assenza, vorrei continuare a parlare in qualche modo dell’argomento trattato anche nell’articolo precedente, ovvero della sottotitolazione. Fare sottotitoli, lo ribadisco, sembra facile, ma non lo è, credetemi. Innanzitutto bisogna rispettare tutta una serie di regole tecniche e saper usare software professionali online e offline che servono appositamente a creare sottotitoli. Poi ci sono varie strategie e modalità di adattamento che un bravo sottotitolatore deve applicare. Di seguito vorrei illustrare dei casi particolarmente interessanti in cui mi sono imbattuta in un lavoro che ho fatto di recente.

Guardate l’inizio di questa frase in spagnolo, ponendo l’attenzione alla sigla:

La primera vez que di una clase,
era profesor ayudante en ESADE,

Da una rapida ricerca online, vediamo che ESADE è l’acronimo catalano di Escola Superior d’Administració i Direcció d’Empreses, un’importante business school di Barcellona.

Come renderlo nei sottotitoli in italiano?

Il problema più grande è il fatto che i sottotitoli non lasciano spazio per spiegazioni. Pensate ai libri, per esempio, dove il traduttore ha la possibilità di introdurre una nota a piè di pagina per spiegare meglio un concetto. Purtroppo nei sottotitoli questo non è fattibile, proprio per la loro natura: il testo che contengono è condensato in due righe, quindi il suo senso dev’essere chiaro, conciso e completo.

La prima volta che ho fatto una lezione,
ero assistente all’ESADE di Barcellona,

Dunque, in questo caso, ho mantenuto l’acronimo, ma siccome il termine “profesor ayudante” si riduce ad “assistente”, ho guadagnato spazio per inserire la città in cui ha sede la scuola. Così sono riuscita a dare qualche informazione in più. Notate anche che “all'” suggerisce che si tratta di una scuola. Poi sta allo spettatore fare una ricerca, se è interessato/-a a conoscere il significato dell’acronimo.

Passiamo a un secondo caso, l’inizio di una domanda:

¿Estás teniendo en cuenta
a ese ser humano único y excepcional,

Ho tradotto così:

Stai tenendo in considerazione
quell’individuo unico ed eccezionale,

Se avessi scritto “quell’essere umano”, non avrei rispettato il limite spaziale, che in questo caso era di 40 caratteri (spazi inclusi). Invece di eliminare uno dei due aggettivi o cambiare il verbo, ho preferito sostituire il sostantivo con un suo sinonimo più corto, e il gioco è fatto.

Sempre per i limiti spazio-temporali, molte volte mi capita di scrivere “pure” invece di “anche”, riuscendo così a risparmiare qualche carattere. Allo stesso modo, “questo” (o “questa”, ecc.) spesso si riduce in “il” (o “la”, ecc.) oppure in “ciò”. Così si dà al testo uno stile più formale, ma si raggiunge comunque lo scopo principale dei sottotitoli, che è quello di dare un senso compiuto in ogni sottotitolo e, idealmente, in ogni sua riga. Per questo, si cerca sempre di mettere su ogni riga una parte della frase senza separare il verbo ausiliare dal verbo principale, l’aggettivo dal sostantivo, eccetera.

Allora, pensate ancora che il lavoro di noi sottotitolatori sia facile? Ad ogni modo vi assicuro che sottotitolare può essere molto soddisfacente quando si riesce a trovare delle soluzioni adeguate. Inoltre l’idea che si aiutano delle persone a comprendere il prodotto audiovisivo originale può riempirci di orgoglio!

Sottotitolazione interlinguistica: questione di accuratezza e corrispondenza linguistica

Quando si traducono sottotitoli, non si traduce solo un testo, ma dev’esserci una corrispondenza anche con l’immagine e con l’audio originale. In altre parole, i sottotitoli devono durare quanto dura il dialogo. Per agevolare la lettura, al massimo si può estendere la loro durata circa mezzo secondo in più subito dopo la battuta.

Inoltre, soprattutto quando lo spettatore è familiare con la lingua dell’audio e con quella dei sottotitoli, si dev’essere fedeli al testo originale. Infatti, se i sottotitoli servono come supporto per capire meglio i dialoghi originali, a maggior ragione devono rispettare rigorosamente tale fedeltà.

Per esempio, si pensi al caso in cui lo spettatore sceglie di vedere un film sottotitolato, non doppiato, per imparare la lingua in cui è stato girato il film (in gergo, questa nuova lingua viene chiamata L2, in contrapposizione con la L1, ovvero la lingua madre). Questo è un caso molto frequente e per questo i sottotitoli non possono allontanarsi molto dai dialoghi originali.

Alla luce di queste riflessioni, mi è capitato di imbattermi in questa clip su YouTube. È una breve scena del film “Now is good” con l’audio originale in inglese e i sottotitoli in spagnolo. Peccato però che questi ultimi presentino degli errori. Vediamoli insieme.

Il primo sottotitolo (“Tessa.”) entra in anticipo. Ciò può avvenire quando c’è un cambio scena, ma non è il nostro caso. Questo difetto del sottotitolo stona molto con ciò che succede nel video e confonde lo spettatore. Pertanto attenzione alla sincronizzazione: i sottotitoli devono coincidere con il parlato.

Poi i protagonisti dicono:
– What’s the worst thing that can happen?
– It’ll hurt.
– It already hurts.

I relativi sottotitoli in spagnolo sono:
– ¿Qué es lo peor que podría pasar?
– No lo sé.
– Estoy lista.

Per maggior chiarezza, di seguito traduco i dialoghi inglesi:
– Cosa potrebbe succedere di peggio?
– Farà male.
– Fa già male.

E i sottotitoli spagnoli:
– Cosa potrebbe succedere di peggio?
– Non lo so.
– Sono pronta.

Come si può facilmente notare, i sottotitoli non rispettano quello che viene detto nel dialogo originale. Certo, sono coerenti con la domanda iniziale, ma purtroppo non sono fedeli al dialogo e, come ho spiegato sopra, questo potrebbe costituire un problema e creare confusione allo spettatore. Infatti, la prima volta che ho visto la clip, anch’io sono rimasta disorientata: conoscendo bene sia l’inglese che lo spagnolo, questa mancata corrispondenza linguistica mi ha spiazzato.

In conclusione, quando si sottotitola, si deve tenere presente che i fruitori finali potrebbero conoscere anche la lingua originale dell’audio. Quindi, per chiudere questo articolo, voglio lanciare a tutti i sottotitolatori il seguente slogan: massima fedeltà, rigorosa accuratezza!

Un neologismo come soluzione

– Perché i cacapo profumano come il miele?

– Per poter trovare dei compagni.

– Ma perché il miele? Chi…

– Oh, qualcuno ha un buon profumino!

– Ho capito!

– Ho un debole per quelli positivi a quattro zampe.

In questa vignetta di Guy Kopsombut la traduzione fila liscio fino all’ultima battuta. Lì c’è la parola inventata “pawsitive”, composta da “paw” (zampa) e “positive” (positivo). Siccome in italiano le due parole sono molto diverse, non si potrebbero unire allo stesso modo.

Per far fronte a questa impasse, si può ricorrere alla trasposizione letterale, ovvero all’adattamento diretto dei fattori responsabili dell’effetto umoristico. In questo esempio si mantiene il riferimento a “positivo” e le zampe diventano quattro poiché alludono all’orso. Qui si vede come il codice visivo gioca un ruolo fondamentale nella scelta traduttiva.

Tuttavia, come si vede nella parte del dialogo evidenziata in grassetto, tale strategia quasi sempre richiede molto più spazio. Questo può essere un problema perché la nuvoletta che include la battuta non è abbastanza grande.

Il problema diventa ancora più grosso quando si traducono i sottotitoli, dove i limiti spazio-temporali sono molto stringenti. In altre parole, in ogni riga di un sottotitolo c’è un limite massimo di caratteri da rispettare che a loro volta influiscono sulla velocità di lettura, un valore che, se troppo alto, non agevola lo spettatore il quale rischia di non fare in tempo a leggere tutto il testo. Dunque, se si traducono letteralmente singole parole inglesi, spesso e volentieri la versione italiana esige l’impiego di molte più parole. Per esempio “moonwalk” si traduce per forza con “passeggiata sulla luna”. Capite anche voi semplici spettatori che una traduzione così lunga può occupare troppo spazio in una riga di un sottotitolo!

Infine, per tornare alla vignetta in questione, un’altra soluzione per tradurre “pawsitive” potrebbe essere quella di creare un neologismo anche nella versione italiana. Si potrebbe pensare a “Ho un debole per i zampopositivi” … che ne dite? La parola inventata “zampopositivi” potrebbe essere un ottimo equivalente per “pawsitive”.